Itinerario 3
4° percorso
Caserma - Nuraghe Siccadores - Nuraghe Orchinele - Necropoli Sos Furrighesos
Dalla Caserma proseguiamo verso Nord, sulla breve strada asfaltata, sino a giungere sulla sterrata, che costeggia l'eliporto, tralasciato il quale proseguiamo dritti; lungo la sterrata segnaliamo a destra, dopo circa 900 metri, la fonte Ischerfiadorza (N2) (erroneamente indicata come Sa Castanza) e, dopo altri 400 metri, la fonte de Sos Trainos Mortos (N3) (erroneamente indicata come Sa Sennoredda). Dopo aver percorso altri km 3,4 di sterrata - fiancheggiata da un bosco misto di leccio e roverella, con il pungitopo, i ciclamini, i ranuncoli e le margherite che colorano e profumano il sottobosco - s'incontra un cancello di legno a destra in corrispondenza del quale possiamo:
- proseguire dritti, per circa 200 metri, sino ad individuare sulla sinistra l'altura su cui è stato costruito il nuraghe Sa Pruna (A12) e spostandoci di un centinaio di metri, sempre a sinistra, seguendo il muretto a secco, la tomba di giganti omonima (H3);
- oppure oltrepassare il cancello di legno e proseguire, sempre su strada bianca, lungo la quale si possono ammirare alcuni esemplari secolari di roverella, sino a scorgere sulla sinistra, dopo circa 500 metri, la casa rurale (F5) e il nuraghe Siccadores (A13), quest'ultimo interessante sia dal punto di vista archeologico, che come punto panoramico (quota 640).
Proseguendo, oltre Siccadores, sulla sterrata in discesa (da segnalare che durante questo tragitto incontriamo un cancello chiuso con il lucchetto), dopo 800 metri incontriamo una diramazione, in corrispondenza della quale:
- svoltiamo a destra per raggiungere la località di Orchinele, sino a scorgere su un'altura (D7) (quota 561) a destra, il nuraghe omonimo (A14), raggiungibile dopo circa 200 metri di passeggiata;
- oppure proseguiamo dritti per circa 500 m, sino alla sua fine, per giugere in prossimità del fiume Campanas (T3) (dove si pescano le trote) nelle vicinanze del quale dobbiamo lasciare il veicolo e proseguire a piedi.
Costeggiando la riva sinistra del fiume, dopo circa 700 metri incontriamo una vasca rettangolare, in corrispondenza della quale si risale per circa 50 metri sino alla fonte sacra di Arvaras (S2); al di sopra di questa si può imboccare il sentiero, verso destra, per raggiungere, dopo 50 metri, la più recente fontana omonima (N4).
Continuando a costeggiare il fiume Campanas, per altri 700 metri circa, saliamo a sinistra, per circa 400 metri, in linea con la casa Cambadu dalla quale scorgiamo in lontananza il costone trachitico dove sono state scavate le domus de janas di Sos Furrighesos, raggiungibili con una passeggiata di un'ora circa.
Per chi volesse raggiungere le domus di Sos Furrighesos con il veicolo, si consiglia di attraversare il fiume Campanas, facilmente guadabile, e di proseguire su strada bianca per circa km 1 , sino ad immettersi, svoltando a sinistra, sulla asfaltata Nughedu-Ittireddu in direzione Ittireddu; dopo circa km 3 - seguendo la segnaletica per Sos Furrighesos - svoltiamo a sinistra, oltrepassando un cancello, su una sterrata da percorrere per circa km 1, 3 sino a scorgere sulla destra la casa Pianu Oschiri (F6), che sorge sul costone trachitico dove è stata scavata la necropoli Sos Furrighesos (B9); al di sotto di questa scorre il fiume Tuvu e Carru (D8) , costeggiando il quale giungiamo, dopo circa km 1,3, alla domus de janas omonima (B10).
IL PERCORSO NEI SUOI PARTICOLARI
Quest'ultimo percorso - indubbiamente il più interessante - è quello che offre le testimonianze architettoniche, archeologiche e paesaggistiche più rilevanti.
Partendo dalla caserma, si prosegue su strada bianca per Monte è Zosso, fiancheggiando sulla sinistra la località denominata Castanza, dove si conservano i resti dell'omonimo nuraghe - ormai distrutto - costruito su una roccia di scisto al di sopra della quale, tra i massi crollati, s'individua quella che doveva essere l'architrave dell'ingresso, notevole sia nelle dimensioni che per la perfetta lavorazione.
Lungo il percorso su sterrata, sempre fiancheggiata da entrambi i lati da un fitto bosco di leccio e roverella, si può sostare in corrispondenza, prima della fonte Ischerfiadorza (erroneamente indicata come Castanza) e subito dopo della fonte Sos Trainos Mortos (erroneamente indicata come Sa Sennoredda) osservando anche con attenzione il sottobosco, dove possiamo soffermarci per ammirare il pungitopo, con le caratteristiche bacche rosse, e le distese di ciclamini, ranuncoli gialli e margherite.
Proseguendo si raggiunge un interessante punto panoramico dal quale è possibile riconoscere ancora un nuraghe (sulla sinistra) il resto del territorio di Anela da esplorare, il territorio confinante di Nughedu e il caratteristico profilo del Monte Santo di Siligo.
Più avanti, in località Sa Pruna, si possono visitare i resti dell'omonimo nuraghe - un monotorre con la tholos ormai crollata ed un'unica nicchia all'interno della camera - costruito su un'altura isolata, dove si ergono alberi da sughero e alcune roverelle.
Non lontano la tomba di giganti si presenta oggi completamente distrutta dall'uomo. Nonostante questo scempio si può comunque apprezzare la tecnica di lavorazione delle pietre, che si presentano perfettamente squadrate (secondo la tecnica isodoma).
Vicino al nuraghe un affioramento di trachite è sicuramente la cava dalla quale i nuragici sembra abbiano "tagliato" i blocchi visti prima nella tomba.
Addentrandoci nella località denominata Siccadores si attraversa un terreno dove si possono ammirare notevoli esemplari secolari di roverelle.
Si prosegue così sino a scorgere la casa e il nuraghe omonimi.
La casa in questione è un'importante testimonianza che ci tramanda sia le tecniche costruttive tipiche dell'architettura rurale sarda che dei modi di vita dell'inizio di questo secolo, che possiamo conoscere ormai soltanto grazie ai racconti dei nostri nonni, quando in quegli anni la montagna era non solo abitata da famiglie che vivevano li per tutto l'anno, ma anche frequentata periodicamente da uomini e donne che si spostavano dal paese per trascorrervi alcuni mesi invernali (su mese 'e Nadale e Zannarzu) nel periodo in cui veniva richiesta la manovalanza per zappare i terreni, che successivamente i padroni avrebbero seminato a grano.
Si può immediatamente notare l'utilizzo di pietrame irregolare - chiaramente reperito sul posto ricco di trachite - legato con fango (le parti cementate che ricoprono alcune zone sono state aggiunte recentemente).
All'impianto unicellulare originario è stato aggiunto successivamente un altro ambiente utilizzando la stessa tecnica costruttiva, probabilmente per via di nuove esigenze di spazio.
Esternamente si possono cogliere delle differenze tra i due edifici, oltre che nell'inesistente incastro dei muri longitudinali, anche nel cornicione del tetto:
quello di destra è stato realizzato con delle tavole di legno, mentre quello di sinistra è stato realizzato con un doppio filare di tegole aggettanti incastrate nel muro.
La gronda dentellata - tipicamente sarda - con le tegole concave che sporgono maggiormente rispetto alle convesse, invece, si presenta abbastanza omogenea.
La gronda sporgente e poggiante su elementi lignei, comunque connessi con l'armatura del tetto, caratterizza in particolar modo l'architettura delle case di montagna.
Internamente si conserva ancora s'istattu, con la trave in legno incastrata tra due pareti opposte sopra la quale un tavolato (largo circa 2 metri) serviva come piano d'appoggio. Le pareti si presentano scavate in più punti con delle nicchie che servivano per riporre gli utensili per la cucina e per il lavoro.
La struttura portante, del sistema di copertura a tegole, conserva ancora le travi lignee incastrate nei muri perimetrali trasversali su cui poggiano i travetti disposti secondo la pendenza dell'unica falda sulla quale scorre l'acqua piovana.
Su Foghile, al centro della stanza, è sicuramente la testimonianza più emblematica dei modi di vita di un tempo che noi giovani non abbiamo conosciuto ma che ha caratterizzato la maggior parte della vita dei nostri nonni che ancora oggi raccontano (forse con un po' di nostalgia per i tempi andati) di quando dormivano tutti insieme - a pese a fogu - disposti intorno al foghile che rimaneva acceso tutta la notte, su dei sacchi che loro stessi riempivano con foglie di iscrareu (asfodelo) per rendere più morbido il giaciglio.
La presenza di su foghile motiva ulteriormente l'utilizzo dell'incannicciato che doveva consentire la fuoriuscita del fumo.
Vicinissimo alla casa di Siccadores raggiungiamo il nuraghe omonimo che, nonostante un evidente crollo, si presenta tutto sommato in buone condizioni.
La tipologia a corridoio, che anticipa quella più nota dei nuraghi a tholos (camera circolare o ellittica coperta con la cupola, a cerchi concentrici, aggettanti di pietre) lo rende uno degli esempi di insediamento nuragico tra i più antichi dell'intero Goceano.
Infatti, la notevole importanza del nuraghe di Siccadores è dovuta al fatto che, nel nostro territorio, abbiamo ben 153 esempi di nuraghi a tholos e soltanto una decina di nuraghi a corridoio.
Dopo questi dati è chiaro che si rende fortemente necessaria un'azione di tutela e di valorizzazione di questo sito che possa in qualche modo evitare la distruzione di quest'importante testimonianza, così come invece è accaduto a Sa Pruna.
Uno degli scopi dell'itinerario dovrebbe essere principalmente quello di far conoscere a più gente possibile il sito, evitando "l'esclusiva" visita ai soli tombaroli.
Grazie alle operazioni di pulizia e diserbo, messe a punto dal cantiere archeologico di Anela, è possibile oggi cogliere al meglio la struttura muraria del nuraghe perché è stato completamente liberato dalla vegetazione che lo avvolgeva.
Il nuraghe, a forma sub-ellitica, è stato realizzato con dei grossi massi di trachite, sfruttando in più punti la roccia naturale. L'interno si presenta con un corridoio longitudinale fiancheggiato da due nicchie (una opposta all'altra) con copertura piattabandata, che termina con andamento leggermente curvilineo sulla scala che conduce sul terrazzo.
Ben conservata è anche la copertura del corridoio con le stupefacenti piattabande disposte a gradoni.
In alcuni tratti - ad una distanza di circa 20 metri dal nuraghe - si riconoscono le tracce dell'antemurale che, sfruttando per l'appoggio della struttura difensiva la roccia naturale, originariamente doveva circondare l'intero insediamento nuragico e costituire così un'ulteriore sistema di difesa.
Particolare di rilievo assume una grossa cavità scavata nella roccia che forse doveva servire per accendere dei fuochi per segnalare gli avvistamenti e quindi per comunicare con altri villaggi o fortezze nuragiche.
Da Siccadores - interessante anche come punto panoramico - è possibile scorgere i siti di Orchinele e di Sos Furrighesos.
Proseguendo sulla sterrata si arriva alla località denominata Orchinele.
Si può così visitare il nuraghe omonimo, ancora in buono stato di conservazione, anche se l'ingresso è interrato di circa 1,5 metri.
Si tratta di un nuraghe complesso, con l'accesso al mastio che avviene attraverso un corridoio - con la copertura ogivale ancora in ottime condizioni - che presenta la particolarità della scala a destra e che ci condurrà alla camera centrale, con la tholos in parte crollata, dove sono ancora ben visibili due nicchie.
Il notevole interesse archeologico verso questo sito è anche dovuto al fatto che, tutt'intorno al nuraghe si conservano molte strutture circolari atte a testimoniare la presenza di un esteso villaggio.
Non molto distante ci addentriamo nella località di Arvaras dove troviamo la fonte sacra omonima.
Purtroppo il monumento è stato quasi completamente distrutto: attualmente si può vedere un tratto di parete curvilinea realizzato in conci isodomi, perfettamente lavorati, di basalto grigio e trachite rosa; tutt'intorno si possono notare i conci parallelepipedi, a T, gettati alla rinfusa e dei tratti di canaletta che testimoniano l'importanza della struttura sacra prima che venisse distrutta. Anche nella vicina fontana, costruita non molti anni fa, sono stati impropriamente utilizzati dei conci prelevati dalla fonte.
Interessante è stato il recente ritrovamento (in occasione delle operazioni di pulizia e diserbo del Cantiere Archeologico) di una pietra betilica di forma tronco - conica regolare, simile ad un'altra rinvenuta nel pozzo sacro di S. Vittoria di Serri e che ora si trova conservata al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Alcuni archeologi hanno ipotizzato che nell'area esistesse un acquedotto nuragico che serviva il sito di Orchinele e l'area sacra di Cuccuru Mudeju (Nughedu San Nicolò) che si trova nel versante opposto del fiume Campanas che segna il confine tra i due territori.
Per raggiungere la località Sos Furrighesos si può proseguire a piedi risalendo il corso del fiume Campanas - che segna il confine tra il territorio di Anela e quello di Nughedu - dove non è raro pescare trote; oppure si può oltrepassare il fiume per proseguire con il veicolo.
Giunti sul posto e dopo una visita alla casa di Pianu Oschiri - purtroppo di recente intonacata e tinteggiata sino a coprire tutti i paramenti lapidei - che conserva al suo interno degli arredi originali in ferro battuto e al vicino nuraghe distrutto dove si possono riconoscere le tracce delle capanne a pianta circolare ed ellittica. Si aggira il costone trachitico, sopra il quale è stata edificata la casa e si giunge davanti alla necropoli di Sos Furrighesos che su questo è stata scavata.
La necropoli di Sos Furrighesos comprende diciotto domus de janas scavate in un costone trachitico, delimitante l'altipiano Su Pianu Oschiri, al di sotto del quale scorre il rio Tuvu 'e Carru.
Gli ingressi alle tombe sono sopraelevati con una disposizione secondo tre linee orizzontali parallele:
la I, IV, V, XII e XVIII che hanno l'ingresso situato lungo la linea basale del costone mentre in dieci ipogei ( II, III, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIII, XIV) i portelli d'ingresso sono situati ad un'altezza che va da un minimo di 0.60 metri (tomba III) rispetto all'attuale linea basale, ad un massimo di 3 metri (nelle tombe VI e VII).
Le domus XVI e XVII, infine, hanno l'apertura a 20 metri circa dal piano di campagna.
L'accesso ai portelli delle tombe, che originariamente erano muniti di chiusini di pietra o di legno, avviene tramite tacche e pedarole.
Le domus venivano semplicemente chiuse perché i prenuragici erano convinti che isolando il morto dal mondo esterno gli veniva garantita la serenità di una vita ultraterrena.
Entrando nelle domus con le celle articolate ci appare maggiormente chiaro l'intento di voler rappresentare la casa del vivo non solo nell'impianto dell'ipogeo, ma anche in particolari architettonico - decorativi come il soffitto, zoccoli, colonne, pilastri e lesene, letti funerari, setti divisori, focolai e stele.
La notevole importanza del sito Sos Furrighesos sta nel fatto, ormai accertato, che qui è stata riscontrata la più alta concentrazione di domus de janas decorate dell'intera Sardegna: sono sette, infatti, le tombe che presentano figure scolpite, incise e dipinte nelle pareti.
In particolare: nell'ipogeo VI, al di sopra del portello d'ingresso alla cella, è scolpita una protome bovina stilizzata, risalente agli inizi della cultura di Ozieri (Neolitico recente: 3200 - 2500 a. C.). Si voleva così ribadire "magicamente la forza sessuale del maschio espressa dal Dio Toro".
Nell'ipogeo II, invece, le figurazioni schematiche presenti sono uno degli esempi più significativi dell'ultima fase dell'arte delle domus de janas, quella della cultura di Filigosa (2500 - 2000 a. C.).
Nella tomba IX, detta anche Sa Tumba de Su Re, è presente sulla fronte uno spartito architettonico centinato: la cosiddetta stele, che è stata attribuita alla Fase I del Nuragico (Bronzo Antico, 1800 - 1500 a. C.).
La XII con rappresentazione di focolare sul pavimento e la XV con dromos e tracce di pittura rossa.
Nella necropoli di Sos Furrighesos le tombe dipinte di rosso sono sei : oltre la domus XV, anche la II, VI, IX, XI e la XII. Il rosso, secondo Lilliu, veniva usato perché simbolo di "sangue, vita, rigenerazione".
L'itinerario si conclude nelle vicinanze del fiume, dove è possibile visitare anche la domus di Tuvu è Carru che - sebbene demolita - ha un interesse notevole: conserva infatti, nella parte fondale dell'anticella, un duplice motivo corniforme scolpito (una doppia protome scolpita in stile rettilineo). La parete laterale risulta inquadrata da cornici, mentre sul soffitto sono rappresentate in rilievo le travi delle case dei vivi.