BENETUTTI
Quando apparve su " LA NUOVA SARDEGNA " -importante e diffuso quotidiano sassarese -il mio articolo su Benetutti, alcuni lettori, a voce e per lettera, replicarono che ero caduto nel medesimo errore del Mannu: Bullerjana -asserivano -non è mai esistita.
Pure ammettendo che il nostro grande storico qualche cantonata l'abbia presa -come quella d'avere scritto che nel tardo impero romano la Sardegna contava oltre due milioni di abitanti, mentre ne aveva appena poco più di trecentomila (Plinio) -Bullerjana non è un puro parto della sua fantasia. Nel basare le mie affermazioni non mi ero limitato ad attingere dal Mannu- che proprio in questo caso non avevo esaminato affatto- ma, assicuro con fermezza, da numerose altre fonti. Ad ogni modo in me penetrò un dubbio: avevo interpretato bene le Carte, i testi esaminati ? Ricominciai da capo il lavoro, spillando, riga per riga, i documenti a me già noti, andando alla caccia di altri, frugando negli archivi , confutando notizie spesso contraddittorie, che non offrivano sicura certezza. In questi casi si è costretti a procedere. per deduzioni, naturalmente con le dovute cautele.
Non mi contentai di questo. Il grave lavoro, che pure avevo condotto con ordine e scrupolosa minuzia, parve non soddisfarmi e chiesi aiuto e consigli ad amici versati in materia, i quali benevolmente accolsero il mio invito. Il lavoro fu ripreso con alacrità, e per circa due mesi alla fine di ogni settimana ci si riuniva per sottoporre ad esame le rispettive scoperte, trarre le conclusioni che sono quelle stesse che ho esposto. E per quel che può riguardare Benetutti soggiungo:
A nord di Benetutti, in regione Bolòe, posta sulla cima di un colle dominante, sta un'antica chiesetta dedicata alla Vergine Assunta. Quasi ai piedi del colle sorgevano, nel primo medioevo, due borghi: uno a sud della stessa chiesetta, ed uno a nord che, dai ruderi ancora affioranti, sembra dovesse essere più grande del primo. Li accenna, pure non nominandoli, il vescovo De Castro, vissuto nel XII secolo, in una lettera pastorale. E' mia convenzione che questi due borghi si chiamassero quello a sud Bulterina e susu, perché più in alto, quello a nord Bulterina e sutu, perché assai più in basso. Questa è la unica ipotesi possibile, perché non esistono in agro di Benetutti altri resti ancora visibili di antiche costruzioni, né le Carte antiche precisano l'ubicazione esatta di Bulterina, pure citandolo spessissimo. Dove, quindi, se non in Bolòe poteva sorgere Bulterina ? Che fossero due le borgate di questo nome è altrettanto possibile. Si usava infatti nei tempi antichi chiamare con lo stesso nome e solo distinti dalle preposizioni susu e sutu due abitati che avevano comuni origini e
costumi, se vicinissimi, com'erano quelli in questione.
Inoltre, studiando le rovine, si è indotti a credere che i due abitati siano stati abbandonati nella medesima epoca.
Nell'agro di Benetutti esistevano altri borghi: Uno in regione Tililimurria, centro abbandonato assai prima di
Bulterina. Di esso non resta alcun avanzo di costruzioni, ma praticandovi scavi qualche cosa affiorerebbe, perché ne parla il vescovo De Castro nelle sue lettere pastorali. Il medesimo parla ancora di un altro centro abitato, che sorgeva, secondo il mio parere, in regione S. Arvara. Entrambe collocate dal De Castro: " Quasi ad occasum Bulte- rinae, una circiter ab ea quinque milia passum, altera novem milia passum, duo villae parvae sed temporibus antiquis clarae, iacent.
Da escludersi, quindi, che una di queste due fosse Bulterina. Parimenti certo è che nemmeno la villa intorno alle Terme di S. Saturnino, dove pure v'era il Monastero del Camaldolesi -a cui il vescovo De Castro donò la Chiesa di S. Saturnino con una ricca rendita -si chiamasse Bulterina, perché è ormai asso dato che detta villa si chiamava
Usulvi. Quello poi " ad occasum Bulterinae " condanna a priori coloro che affermano che Bulterina non sia altro che l'attuale paese di Bultei.
E' Bullerjana? Non è un parto della fantasia del Mannu. Il nome Bullerjana ricorre spesso nelle carte antiche. Il Ca-
salis precisa che era l'antico nome di Benetutti, sostituito dai Pisani perchè le Terme facevano bene a tutti.
A coloro che bramassero maggiori precisazioni consiglio la-consultazione di:
Le lettere pastorali del vescovo De Castro. La Corografia della Sardegna del Fara. Il Dizionario geografico del Casalis.
La relazione di Don Carillo al Re di Spagna. La Storia-geografica d'talia di Strafforello. Gli Annali pisani.
opere tutte queste corisultabili presso gli Archivi dell'Università di Cagliari.
Ma quando fu fondata Bullerjana, poi chiamata Benetutti?
La fondazione dell'attuale Benetutti è relativamente recente; forse verso il 1100, una cinquantina d'anni dopo che venne abbandonato Bulterina, e cento o centocinquant'anni dopo che vennero disertati i centri di Tilimurria e di Santa Arvara. Usulvì fu evacuata probabilmente dopo la fondazione di Bullerjana, ove, presumibilmente conversero quegli abitanti unitamente a quegli altri oriundi dei borghi distrutti e già installati a Bultei, desiderosi di ritornare al patrio suolo.
Che Bultei, poi, esistesse da tempi assai antichi non è probabile, almeno non è comprovabile. E' possibile che qui si fossero trasferiti gli abitanti di Bulterina e quelli degli altri centri abbandonati anteriormente e lo abbiano accresciuto di molto, tanto da chiamarlo la grande Bulterina, cioè Bultei.
Naturalmente queste sono semplici induzioni, ma suffragati da fatti e da circostanze che inducono a non credere diversamente.
Nel territorio ai Benetutti si possono ancora scorgere vestigia di antiche popolazioni ( vedi parte storica generale) , tra le prime certamente venute in Sardegna. Negli scritti degli storici antichi tuttavia non sono riuscito a rintracciare che pochissimi e superficiali accenni e quasi niente intorno al nome della prima tribù che coltivò questo territorio così promettente. Però è sicuro che fiorì una civiltà notevole, come attestano i numerosi nuraghi, tra i quali i maggiori, che sono i meglio conservati dell'Isola: d' Aspru -Urrile -Torodda -Tolidda. Quest'ultimo, costruito su di una rupe, presso una ricca vena di ottima acqua sgorgante da un macigno, era, fino al secolo scorso, il più maestoso ed il meglio conservato. Moltissime anche le domus de janas. Inoltre - vedi Barbagia: Monumento de sas pedras fittas e longas- vi si possono ammirare massi granitici a forma di piramide, o di coni, che costituivano, forse, oggetto di culto per le remotissime tribù che si stanziarono in Sardegna .
Sul monte che sovrasta Benetutti, fino al 1800, si potevano ancora scorgere le rovine d'un castello, chiamato Sisine, nome che rimase al monte ( Casalis ) .
La posizione di Benetutti è quanto mai infelice. Posto in fondo alla valle del Goceano, ai piedi d'un monte dirupato, nei mesi estivi, specialmente nelle ore meridiane, il riverbero dei raggi del sole, produce un caldo. bruciante Molta è l'umidità delle notti, come pure quella delle giornate piovose. Domina il vento di ponente che; raggirando il monte, spira sul paese in violente ruote dannosissime. Quando soffia altro vento, gli strati inferiori dell'atmosfera stagnano tranquilli. In autunno scoppiano violenti temporali, danneggiando i frutti ancora sulla pianta. La neve cade di rado e il suolo ne rimane coperto solo per breve tempo. La nebbia domina nelle stagioni temperate. Nel complesso l'aria è malsana. Al contrario, i campi sono fertili, la zona produce un vino fortemente alcoolico ed aromatico e vi abbondano la frutta e la caccia.
La principale attività degli abitanti è la pastorizia. I pastori, che ora vanno gradatamente diminuendo, un tempo
erano numerosissimi. Nel 1831 (vedi parte storica) si sollevarono in massa, chiedendo che le loro greggi ed armenti potessero pascolare liberamente senza essere costretti a pagare gravosi canoni.
Fu una vera e propria sollevazione popolare: i rivoltosi abbatterono i muri che chiudevano le tanche ed incendiarono i boschi; il governo intervenne energicamente e le perdite da entrambe le parti, soldati e popolani, furono sensibili. Molti rivoltosi finirono sulla forca, eretta a Benetutti, in una piazzetta, poco distante di là dove attualmente sorge il municipio. L'impiccagione, dopo un sommario processo tenutosi a Benetutti, si effettuò nel gennaio del 1832.
Il Casalis riferisce che fino al 1834 a Benetutti non esisteva ancora il Cimitero e che i morti appartenenti a famiglie povere venivano sepolti in un praticello confinante con la chiesa parrocchiale di S. Elena Imperatrice, dove invece venivano sepolti i ricchi.
Oltre la chiesa parrocchiale vi sono a Benetutti altre chiese: S. Croce -S. Rosalia (ex chiesa parrocchiale) -S. Salvatore - S. Timoteo, altre tre nelle campagne: quella di S. Maria di Bolòe, a due chilometri circa dal paese; quella di S. Barbara, sita al lato opposto, ed a circa, uguale distanza, quella di S. Saturnino, nelle Terme, costruita dai pisani intorno al 1100.
Già dai tempi antichi la cura delle anime era affidata a tre sacerdoti: il parroco, che aveva pure la qualifica di rettore - così è ancora chiamato - e due preti che lo coadiuvavano. Per il suo officio, il rettore percepiva (1834) cinque mila lire annue, che spartiva, a seconda del grado, coi suoi coadiutori. Anche quando le decime vennero abolite per legge, i Benetuttesi continuarono a pagarle volontariamente, versando ciascuno parte del raccolto e dei frutti. Il grano e l'orzo destinato alla Chiesa veniva ammassato nella chiesetta di S. Rosalia, posta ai piedi del monte Sisine.
La sepoltura dei morti a Benetutti aveva luogo con riti tramandati da antico tempo, ed ancora si ricordano. Intorno al cadavere si riunivano tutti i parenti e gli amici del morto e le donne dicevano le lodi al defunto, mettendo in quelle rievocazioni tanto calore da commuovere tutti al pianto. Prima di chiudere il corpo nella bara, in una tasca dell'abito che lo ricopriva, era uso mettere una moneta di venti centesimi. Dopo la sepoltura, a tutti gli intervenuti si offriva carne e pane se il morto apparteneva a famiglia ricca, solo pane se di famiglia povera.
I Benetuttesi sono solerti lavoratori, leali, fedeli, e l'amicizia è considerata sacra, come pure sacro è considerato lo ospite.
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