I ROMANI IN SARDEGNA
Sconfitti i grandi rivali punici, i Romani si sostituirono ad essi in Sardegna non con intento di limitarsi a creare dei soli empori commerciali lungo le coste o di esercitare il loro diretto dominio sulle grandi città costiere, ma di essere padroni assoluti dell'Isola. Per questo, presto iniziarono quella graduale penetrazione verso l'interno col proposito di assorbire tutte le tribù della Sardegna e di fare di essa una provincia compatta e fedele suddita di Roma, fonte inesauribile di metalli, grano e bestiame, e sicuro rifugio della flotta lungo la corsa per i mari lontani. I conti dei Romani non tornarono: la penetrazione avvenne sì, ma fu lentissima e si protrasse per molti secoli e durò quasi fino alla caduta dell'Impero. Diverse legioni qui morsero la polvere, molti duci furono umiliati, molti pretori impararono a proprie spese che la libertà è cara a tutti e non al popolo romano solamente. I Sardi ribelli vennero massacrati a decine di migliaia, ma il sangue versato generava nuovi eroi e guerrieri, sempre nuovi arditi guerrieri spuntavano come dalle radici delle querce secolari, uscivano da profonde caverne con le armi in pugno e di nuovo la lotta riprendeva. Decine di migliaia di Sardi furono condotti schiavi a Roma e messi al pubblico incanto, ma pochi "domini" osavano acquistare questi schiavi "dal cipiglio fiero, che col solo sguardo incutevano timore", perciò il loro prezzo diminuì di valore. Cicerone, il più acerrimo nemico dei Sardi, in una orazione pronunciata nel foro a difesa di un pretore, il quale, come già Verre in Sicilia, aveva spogliato i Sardi, durante l’anno del suo pro- consolato in Sardegna, ne uscì con questa frase: « Omne quod Sardinia jert, homines et res, mala est! Etiam mel, quod in ,ea insula abbundat, amarum est! ». Ogni cosa che la Sardegna produce, uomini e cose, è cattivo! Perfino il miele che abbonda in quell'isola, è amaro! Ma l'eccellente oratore ignorava, forse, che il miele prodotto in Sardegna, formato dal nettare del fiore del corbezzolo e dalle api elaborato nei « bugni », pure nella sua amarezza racchiude in sé molte virtù e dopo mangiato, lascia nel palato una salutare dolcezza che dilaga per tutto il corpo, come il frutto della libertà faticosamente acquistata e conservata col sangue di molte generazioni.
Alla fine i,nostri antichi Avi, a contatto con i mercanti che venivano dalla costa, cominciarono gradatamente ad apprezzare i Romani, ad assimilarne i costumi", la religione e forse anche le leggi e si accorsero che, in fondo, il governo romano non era tanto malvagio: lasciava alle diverse tribù la facoltà di continuare a credere nei loro antichi dei e di conservare i propri costumi. Quando poi cessarono le lotte fra le diverse tribù, tutti avevano finito per acquistare una certa tranquillità. Roma, d'altro canto, costruì strade, ponti, come quello che ancora si ammira nei pressi di Borgos, sull'antica strada che portava a Lesa, riattivò i commerci, favorì il sorgere delle industrie, incoraggiò l'agricoltura. Cosi i Sardi dell'interno, quando già l'impero era prossimo al suo tramonto, divennero Romani, appresero la lingua di Roma, che continuarono a parlare anche quando l'impero aveva cessato di esistere. Oggi il Logudoro è forse l'unica regione del mondo nella quale si parla il dialetto di Roma antica, meglio una lingua, che del latino conserva una infinità di vocaboli nella loro forma più classica, conserva le desinenze, in parte la costruzione del periodo, frasi intere che sono e sarde e latine nel medesimo tempo.