BONO
Chi, volendo giungere a Bono, percorre la strada di montagna, ad un certo punto arriva al passo denominato Buccaidu: di qui, improvvisamente e come d'incanto, si trova su una parete montana che gli sta sotto i piedi e dinanzi ai suoi occhi si presenta la conca enorme, quasi pianeggiante, che dall'altipiano di Nule corre sino al territorio di Orotelli e di Illorai, e il sinuoso fluire del fiume Tirso, che irriga tutta la zona.
La pianura appare all'occhio piacevole e soddisfacente, sia per opera della natura che l'ha cosparsa di querce, olivastri, elci, sia per la costellazione di molte case agricole, che sono l'inizio di quanto ancora vi è da fare in questa Zona.
Sul lato destro di chi guarda, si nota lo storico castello di Burgos che, benché semidistrutto, è ancora testimone dei tempi in cui i Signori. della regione vi si erano installati a difesa della propria persona e delle loro terre.
Di fronte si staglia l'ininterrotta linea di montagne dei territori di Orune e di Orotelli.
Piacevole è l'acqua sorgiva e benefica l'aria fine della montagna; il tutto coronato dalla lussureggiante vegetazione dei vigneti e degli oliveti che circondano il paese.
Molti sarebbero i problemi da risolvere, perché Bono acquisti una tranquillità economica soddisfacente e si gettino le basi per un migliore futuro. Mi limiterò ad elencare i lavori più urgenti e quelli che, appena assunta l'Amministrazione di questo comune, abbiamo subito affrontato :
a) ampliamento del locale acquedotto con la captazione di nuove sorgenti per il fabbisogno locale ;
b) strade di penetrazione agraria che diano possibilità e facile accesso ai lavoratori nel campo ;
c} appoderamento nelle fertili terre che stanno a valle dell'abitato;
d) persuasione nei proprietari, perché ritornino a sfruttare direttamente le loro terre anziché contentarsi dell'aleatorio e talvolta incerto prezzo di locazione dei loro terreni ;
e} lavoro di persuasione presso i contadini ed agricoltori, facendo loro comprendere l'assoluta necessità di ritornare alla terra, anziché attendere l'incerta giornata lavorativa da parte di industrie o di lavori saltuari, con conseguente acquisto di bestiame, soprattutto ovino, in modo da ricostruire quel patrimonio zootecnico che prima dava al paese grandi possibilità di entrate ;
f) innesto delle centinaia di migliaia di olivastri e di perastri che esistono nella nostra vasta zona in modo da abbinare la coltura arborea allo sfruttamento del bestiame.
Dottor Giuseppe Tiana Sindaco di Bono ( 1961 )
Sinceramente: non mi sento in grado di aggiungere una sola parola alla presentazione viva e reale che il Dottor Tiana ci ha fatto di Bono, il paese più nobile del Goceano, teatro di sanguinosi episodi, nei quali il valore dei suoi Figli è sempre rifulso.
Non mi resta che augurare al solerte Sindaco ed ai suoi collaboratori che il loro Paese, mercé l'opera attiva di essi, possa raggiungere presto quelle mete alle quali ardentemente anelano, ed alle quali i Bonesi hanno diritto per il coraggio dimostrato nelle lotte anche le più ardue, per la loro industre operosità, per le loro eccellenti qualità morali e per il loro ingegno. Avanti, quindi, ut quotidie melius !
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Incerta è l'epoca della fondazione di Bono. Si presume, però, che essa risalga al primo medioevo, forse per opera degli abitanti dell'antica città romana di Lesa e di quella più antica di Lorthina, le quali sorgevano non lontano, nella vasta e fertile pianura sottostante, e delle quali Bono raccolse l'eredità.
Non v'è dubbio alcuno che prima del mille Bono fosse un centro già assai importante; molte cose stanno a dimostrarlo ; e l'antichissima chiesa parrocchiale di stile pisano, dedicata al. l'Arcangelo Michele, la cui colossale statua, opera pregevole, fu scolpita dallo scultore Tavera nel lontano 1095: ed un preziosissimo calice con patena conservato nella stessa chiesa - donato dal Giudice Gotiano, il cui nome porta inscritto da un lato, e dall'altro lo stemma, quel medesimo stemma che si nota scolpito nella torre del vicino castello di Burgos. E' proprio da attribuirsi a miracolo l'essere sfuggito, questo calice di inestimabile valore storico ed artistico, alla ingorda brama di bottino della soldataglia tentonica, quando questi liberatori immediatamente dopo il crollo della dominazione spagnola, occuparono l'Isola, giunsero a Bono e lo misero a sacco.
Il tempio fu restaurato alla fine del secolo scorso da un allievo della E. Accademia di Belle Arti di Modena, Antonio Balagau. A pochi chilometri da Bono, sulla montagna, in posizione amenissima. sorgeva il convento dei Francescani. La costruzione venne iniziata nel 1220 da due Frati, i quali, su invito del Giudice Costantino II, da Luogosanto ( Gallura) si erano qui trasferiti. Annessa al convento venne pure edificata una chiesetta dedicata prima alla Beata Vergine, in seguito, ingrandita, fu dedicata a S. Francesco. Qui trascorse i suoi ultimi anni e morì il Beato Giovanni Parenti, che fu il primo Generale di quest'ordine. Quando i Francescani si scissero in Minori Conventuali ed in Minori Osservanti, il convento fu tenuto da questi ultimi, ma lo cedettero ai primi nel 1400. Mentre dell'antica città romana di Lesa non ci restano avanzi di sorta --e per questo se ne ignora la precisa ubicazione - della città di Lothia (o Lothina), in territorio di Bono, ci rimangono la chiesa di S. Restituta sarda, madre del vescovo di Vercelli, S. Eusebio - e le rovine delle chiese di S. Ambrogio, S. Barbara, S. Nicolò di Bari, S. Gavino, Proto e Gianuari, martiri turritani. Si ritiene che queste cinque chiese sorgessero dentro la cerchia della città di Lothia.
Bono fu pure la residenza del vescovo De Castro ed ivi nel 1414, presieduto dal Vescovo Leonardo, si tenne un importante Sinodo.
Come ho ricordato nella parte storica, nel 1478, quando dopo la sconfitta di Macomer, (Artaldo Alagon ed il marchese di Sanluri si asserragliarono nel castello di Burgos ed Angelo Marongiu al soldo degli Aragonesi ve li insegui, Bono venne saccheggiato da quella soldataglia.
Bono vanta di aver dato i natali a Giovanni Maria Angioy, il famoso Alternos -vedi parte storica - già professore di Legge nella Capitale, poi nominato Giudice della Reale Udienza. L'Angioy, prima e dopo il 1794, fu il divulgatore nell'Isola di quelle idee rivoluzionarie che in Francia avevano rovesciato il Trono, abbattuto gli antichi privilegi, che come peso morto gravavano sul progresso civile, economico, morale dei sudditi. L'illustre cittadino non ebbe la gioia di vedere realizzati i suoi sogni, perché morì esule in terra straniera. ma il seme da lui gettato diede i suoi frutti 45 anni dopo .
Quando nel 1807 il re Vittorio Emanuele instaurò le Prefetture e le Intendenze, Bono divenne capitale di Provincia e fu sede del Prefetto e dell'Intendente, con la giurisdizione su 17 paesi. Ridotte le Provincie 14 anni dopo ed incorporato in quella di Nuoro, Bono rimase capoluogo di Mandamento di tutti i paesi del Goceano : Anela, Bultei, Benetutti, Burgos, Bottida, Espor- latu, Illorai, Nule.
Il Casalis -Dizionario Geografico e Storico - afferma che Bono nel 1833 vantava Scuole di lingua latina e Belle Arti assai frequentate. Riferisce inoltre che il territorio di questo importante comune oltre essere ricco di domus de janas contava, ai
suoi tempi ( 1833 ), 33 nuraghi, sebbene molti di essi già in rovina per il vandalismo dei pastori. Oggi ne rimangono solo 6 in discreto stato di conservazione: Canneddu, Tamuile, Seddei, Sas doppias, Ferulas, Musalighe.
Dentro e fuori l'abitato si contano le seguenti chiese antiche oltre quelle già accennate: S. Efisio, S. Giovanni Battista, S. Raimondo, Beata Vergine, Carmelo, l'Oratorio di S. Croce, S. Antonio Abate, S. Caterina Vergine e Martire.
Diverse sono le fontane dentro l'abitato che forniscono ottima acqua potabile. La maggiore è quella posta nella parte alta del paese, vicino alla Piazza del Municipio, opera dell'ingegnere Nerini, che fu anche sindaco di Bono.
Il paese conta 4815 abitanti ed è posto ad un'altezza di m. 530.
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