La necropoli di Molia scoperta nel 1976 durante i lavori di costruzione della strada Benetutti-Borore, comprende nove ipogei in forte degrado, scavati nel lieve declivio di una collina di tufo <Fig. 36>.
Due di questi ipogei il I ed il VII, possono essere considerati come tra i più articolati e vasti ipogei non solo della Sardegna ma anche del Mediterraneo. Trovano puntuali affinità con il ben noto ipogeo di Hal Saflieni a Malta.
La tomba I è costituita da un "drornos" o corridoio a cielo aperto, da un'anticella semicircolare e da almeno undici celle successive. Del dromos sono state individuate le tracce per una lunghezza di m 24, una larghezza media di m 4 ed un'altezza di m 0,60. L'anticella, di forma semicircolare, misura m 10,50 di diametro e rivela tracce cospicue di uno strato di malta dipinto di rosso-ocra e di grigio. Alcuni campioni d'intonaco sono stati sottoposti ad analisi.
La tomba VII si distingue per la raffinata esecuzione, per la presenza di numerosi elementi architettonici come lesene, architravi, banconi e per la colorazione in rosso presente in tre vani.
L'esame dell'abbondante e ricco materiale archeologico restituito dagli scavi condoni in diverse campagne Tanda 1976-77, 1982 e 1983> rivela che la necropoli è stata utilizzata a cominciare dalla fine 4e1 IV millennio a. C., con la cultura di Ozieri e successivamente durante le culture di Filigosa, Alealzu, Campaniforme, Monte Claro e Bonnanaro, fino all'età. punica e romana.
Gli scavi della tomba I hanno anche restituito numerosi campioni paleobotanici, che sono stati analizzati.
Appresso è riportata la sintesi dei risultati delle analisi dei reperti paleobotanici e dell'intonaco.
Indagine ininemiogica
Lo studio mineralogico del campione è stato finalizzato alla determinazione della composizione dell'intonaco, prendendo come termine di paragone la. roccia sulla quale era stato applicato l'intonaco stesso. Ciò ha permesso di arrivare alla classificazione litologica della roccia e di stabilire la natura dell'impasto costituente l'intonaco e la sua provenienza.
I metodi comunemente usati per il riconoscimento e la classificazione dei minerali sono stati applicati al campione dopo averlo tagliato e ridotto in sezioni sottili. Tali sezioni sono state esaminate al microscopio mineralogico a luce trasmessa.
Il campione è risultato essere costituito da seguenti strati:
A roccia;
B impasto a matrice grossolana;
C impasto a matrice più minuta;
D pigmento rosso.
I dati ricavati dallo studio delle sezioni rivelano clic lo strato A, per le sue caratteristiche mineralogiche e. modali, può essere classificato come appartenente ad un tufo riolitico o riodacitico. Gli strati li e C, essendo composti da associazioni mineralogiche coincidenti con lo strato A ma con struttura pavimentosa e orientazione a caso dei cristalli, sono presumibilmente derivanti dalla macinazione e trasformazione di roccia tufacea dalle caratteristiche simili a quella sottostante.
Pertanto appare ragionevole affermare che il materiale utilizzato per fare l'intonaco della domus campione è di origine locale.
Indagine chimica
Le analisi chimiche eseguite su cinque campioni tendevano ad accertare:
1. la composizione e la provenienza dei materiali utilizzati per la preparazione dei diversi strati d'intonaco;
2. la composizione dello strato pittorico.
Per tale scopo sono state utilizzate diverse tecniche strumentali e
precisamente, per le indagini sull'intonaco:
- analisi speflrografka
- diffrazione di raggi X
- analisi termogravimetrica
- analisi termica differenziale
- spettroscopia infrarosso
Per l'analisi dell'intonaco sono stati esaminati cinque campioni:
1. intonaco superficiale (strato sottile)
2. intonaco
3. roccia (parete di supporto)
4. roccia degradata
5. argilla
Le analisi spettrografiche mostrano che, per gli elementi principali, i campioni 1-3 (sui rimanenti non è stata finora eseguita), hanno la stessa composizione qualitativa.
Le analisi per diffrazione di raggi X indicano che nei campioni I 3, sono presenti gli stessi componenti cristallini sebbene in proporzioni diverse nel campione 3 rispetto ai campioni I e 2.
Le analisi termogravimetrica e termica differenziale mostrano per i campioni i e 2 una piccola e costante perclita in peso senza mostrare
alcuna trasformazione tale da far pensare alla presenza di carbonati di calcio.
In base a questi datti si può ritenere che i due strati d'intonaco siano stati realizzati con lo stesso materiale e che non sia stata usata calce come legante.
Gli spettri IR eseguiti sui campioni 2-5 vengono confrontati con lo spettro di una calce-bentonite. Dalla comparazione delle zone caratteristiche si può ritenere che:
1. l'intonaco sia costituito da un'argilla di tipo bentonitico cui è stato aggiunto altro materiale per rendere l'argilla più lavorabile;
2. l'argilla usata potrebbe provenire dalla trasformazione della stessa roccia in cui è stato scavato l'ipogeo.
Dall'osservazione al microscopio si rileva che lo strato pittorico è costituito da un unico strato di pigmento rosso applicato sull'intonaco.
In base ai dati dell'analisi spettrografica e dello spettro infrarosso tale strato risulta essere formato da ossidi di ferro e silicati comunemente definiti ocra rossa.
Analisi paleobotaizica
Le analisi dei circa 400 campioni restituiti dagli scavi sono state condotte presso i laboratori:.dél Dipartimento di Biologia Vegetale dell'università "La Sapienza" di Roma e presentate da L. Sadori - G. Tanda - M. Follieri al Congresso della Società Italiana di Botanica del 1989.
I macrofossili vegetali, legni e. cariossidi carbonizzati, erano indugi in sedimento concrezionato proveniente dalla terra di scavo.
I frammenti di legno carbonizzato sono attribuibifi a Quercus iter e ALntw sp.
Sono state identificate cariossidi di Triticitin acstivi.£,n/dttrutn e Hordetetn Sp.
Tutti i reperti paleobotanici provengono dall'antic ella della tomba e sono stati rinvenuti vicino a frammenti di vasi riferibili a corredi funerari di cultura Ozieri (Neoliticò recente, 3200-2500 a.C.).